Capitolo 8 - Equazioni del Moto con la Viscosita'
Quasi ovunque nell'Oceano e nell'Atmosfera l'attrito e' abbastanza piccolo, e possiamo sicuramente assumere che il flusso e' senza attrito. Ai confini, l'attrito, in forma di viscosita', diventa importante. Questo sottile strato viscoso e' detto uno strato di confine (boundary layer). Dentro lo strato, la velocita' rallenta dai valori tipici dell'interno fino a zero al confine solido. Se il confine non e' solido, allora lo strato di confine e' uno strato sottile di velocita' che cambiano rapidamente: le velocita' in un lato del confine cambiano per essere uguali a quelle dell'altro lato. Per esempio, c'e' uno strato di confine al fondo dell'atmosfera, lo strato di confine planetario descritto nel capitolo 3. Nello strato di confine planetario, la velocita' va' da molti metri al secondo nella libera atmosfera a decine di centimetri al secondo nel mare. Sotto la superfice, un'altro strato di confine, lo strato di Ekman descritto nel Capitolo 9, eguaglia il flusso della superfice con quello piu' profondo. In questo capitolo considero il ruolo dell'attrito nel flusso dei fluidi, e la stabilita' dei flussi ai piccoli cambiamenti nella velocita' e nella densita'. 8.1 L'Influenza della Viscosita' Nell'ultimo capitolo ho scritto la componente x dell'equazione del momento nella forma (7:12a):
dove Fx era una forza di attrito per unita' di massa. Ora possiamo considerare la forma di questo termine se e' dovuto alla viscosita'. Le molecole in un fluido vicino ad un confine solido qualche volta sbattono sul confine gli trasferiscono momento (Figure 8.1). Le molecole piu' lontane dal confine urtano con le molecole che hanno colpito il confine, trasferendo ulterioriormente il cambio nel momento all'interno del fluido. Questo trasferimento del momento e' la viscosita' molecolare. Le molecole, comunque, viaggiano soltanto per micrometri tra le collisioni, ed il processo e' molto inefficiente per trasferire momento anche per pochi centimetri. La viscosita' molecolare e' molto important soltanto entro pochi millimetri dal confine.
La viscosita' molecolare e' il rapporto dello sforzo Tx tangenziale al confine di un fluido e la deformazione del fluido al confine. In tal modo lo sforzo ha la forma di:
per il flusso nel piano ( x, z ) entro pochi millimetri dalla superfice, dove ν e' la viscosita' cinematica molecolare. Tipicamente ν = 10-6m2/s per acqua a 20°C. Generalizzando la (8.2) in tre dimensioni porta al tensore dello sforzo, che da' le nove componenti dello sforzo ad un punto del fluido, includendo la pressione, che e' uno sforzo perpendicolare, e gli sforzi di deformazione. Una derivazione del tensore dello sforzo e' oltre lo scopo di questo libro, ma potete trovare i dettagli in Lamb (1945: §328) oppure Kundu (1990: p. 93). Per un fluido incompressibile, la forza di attrito per unita' di massa della (8.1) prende la forma di:
8.2 Turbolenza Se la viscosita' molecolare e' importante solo su distanze di pochi millimetri, e se non e' importante per molti flussi oceanici, naturalmente se non si e' uno zooplankton che cerca di nuotare nell'oceano, come allora e' l'influenza di un confine trasferita all'interno del flusso? La risposta e': attraverso la turbolenza. La turbolenza deriva dai termini non-lineari dell'equazione del momento (u ∂u/∂x, etc.). L'importanza di questi termini e' data da un numero non-dimensionale Il numero di Reynolds Re, che e' il rapporto dei termini non-lineari sui termini viscosi:
dove, U e' la tipica velocita' del flusso e L e' la tipica lunghezza che descrive il flusso. Siamo liberi di considerare qualunque U, L possa essere tipica del flusso. Per esempio L puo' essere una tipica distanza perpendicolare alla corrente oppure lungo la corrente. Valori tipici vicino alla superfice sono U = 0.1m/s e L = 1 milione di metri, cosi' Re = 1011. Poiche' i termini non-lineari sono importanti se Re > 10-1000, e certamente sono importanti in un oceano. L'Oceano e' turbulento. Il numero di Reynolds e' cosi' chiamato dopo che Osborne Reynolds (1842-1912) condusse esperimenti nel tardo 19-esimo secolo per capire la turbolenza. In un famoso esperimento (Reynolds 1883), inietto un colorante nell'acqua che fluiva a varie velocita' attraverso un tubo (Figura 8.2). Se la velocita' era piccola, il flusso era regolare. Questo e' detto flusso laminare. A velocita' piu elevate, il flusso diventava irregolare e turbolento. La transizione avviene a Re = VD/ν ≈ 2000, dove V e' la velocita' media nel tubo, e D e' il diametro del tubo.
Come il numero di Reynolds aumenta sopra alcuni valori critici, il flusso diventa sempre piu' turbolento. Notare che la forma del flusso e' in funzione del numero di Reynold. Tutti i flussi con la stessa geometria e lo stesso numero di Reynolds hanno la stessa forma. Cosi' il flusso in tutti i cilindri circolari, da un 1mm o da 1m di diametro, sono uguali come il flusso in alto della figura 8.3 se il numero di Reynolds e' 20. Inoltre, lo strato di confine e' ristretto ad uno strato molto sottile sulle pareti del cilindro, in uno strato troppo sottile per essere visto nella figura.
Sforzi Turbolenti: Gli Sforzi di Reynolds
Per vedere come questi sforzi possono agire, consideriamo l'equazione del momento per un flusso con una componente del flusso media (U, V, W) ed una turbolenta (u, v, w):
dove il valore medio U e' calcolato da un tempo ed uno spazio medio:
I termini non-lineari dell'equazione del momento possono essere scritti:
La seconda equazione deriva dalla prima perche' <U ∂u'/∂x> = 0 e < u' ∂U/∂x> = 0, che segue dalla definizione di U: <U ∂u'/∂x> = U∂<u'>/∂x = 0. Usando la (8.7), l'equazione di continuita' si divide nelle due equazioni:
La componente x dell'equazione del momento diventa:
Cosi' la forza addizionale per unita' di massa dovuta alla turbolenza e':
I termini ρ < u 'u' >, ρ < u' v' >, e ρ < u' w' > trasferiscono momento verso est (ρ u) nelle direzioni x, y, e z. Per esempio, il termine ρ < u' w' > fornisce il trasporto del momento verso est su un piano orizzontale. Poiche' trasferiscono momento, e poiche' furono derivati da Osborne Reynolds, sono chiamati Sforzi di Reynolds (Reynolds Stresses). 8.3 Calcolo degli Sforzi di Reynolds Gli sforzi di Reynolds come ∂<u' w' >/∂z sono chiamati sforzi virtuali (cf. Goldstein, 1965: §69 & §81) perche' assumiamo che essi giochino lo stesso ruolo dei termini viscosi delle equazioni del moto. Per procedere ulteriormente, abbiamo bisogno di valori o forme funzionali degli sforzi di Reynolds. Sono stati usati molti approcci. Per Analogia con la Viscosita' Moleculare
Per il flusso sopra un confine, assumiamo che esso sia costante nella direzione x, y, e che le propietà statisticche del flusso variano solo nella direzione z, e che il flusso sia stazionario (cioe' costante). Quindi ∂ /∂t = ∂ /∂x = ∂ /∂y = 0, e la (8.9) può essere scritta:
Ora assumiamo, in analogia alla (8.2)
dove Az è una viscosità vorticosa che rimpiazza la viscosita' moleculare nella (8.2). Con questa assunzione,
dove abbiamo posto che Az è constante or lentamente variabile nella direzione z allora ∂U/ ∂z. Piu' tardi assumeremo che Az>> z. L'equazioni del momento in x e y per uno strato di confine omogeneo turbolento e stazionario sopra o sotto una superfice orizzontale sono:
dove f = 2 Ω sin(φ) è il parametro di Coriolis, e abbiamo cancellato il termine della viscosita' molecolare perche' è molto piu' piccolo della viscosita' vorticosa turbolenta. Da notare, che la (8.14b) segue da una derivazione simile dalla componente y dell'equazione del momento. Avremo bisogno della (8.14) quando descriviamo il flusso vicino la superfice. L'assunzione che una viscosità vorticosa Az può essere usata per relazionare gli sforzi di Reynolds al flusso medio viene a proposito per descrivere il flusso vicino alla superfice orizzontale dove U è in funczione della distanza z dalla superfice, e W, la velocità media perpendicolare alla superfice e' zero (Vedi il riquadro Strato di Confine Turbolento sopra un Piano Piatto). Questo è l'approccio, descritto per primo nel 1925 da Prandtl e poi da altri, che introdusse il concetto di strato di confine. Per favore notare che un valore di Az non può essere ottenuto dalla teoria. Invece, può essere calcolato dai dati raccolti nella galleria del vento oppure misurati negli strati limite del mare. Vedi Hinze (1975, §5-2 e §7-5) e Goldstein (1965: §80) per approfondimenti della teoria del flusso turbolento vicino una superfice orizzontale.
La teoria di Prandtl basata sull'assunzione della (8.12) lavora bene soltanto dove l'attrito è molto piu' grande della forza di Coriolis. Questo è vero per il flusso di aria entro dieci metri dalla superfice marina e per il flusso di acqua entro pochi metri dalla superfice. L'applicazione della tecnica ad altri flussi dell'Oceano è meno chiara. Per esempio, il flusso dello strato limite a profondità sotto circa dieci metri è meno ben descritto dalla teoria classica della turbolenza. Tennekes e Lumley (1970: 57) scrivono:
Problemi con l'approccio della viscosita' vorticosa:
Dalla Teoria Statistica della Turbolenza
The approach can be modified somewhat for flow in the ocean. In the idealized case of high Reynolds flow, we can calculate the statistical properties of a flow in thermodynamic equilibrium. Because the actual flow in the ocean is far from equilibrium, we assume it will evolve towards equilibrium. Holloway (1986) provides a good review of this approach, showing how it can be used to derive the influence of turbulence on mixing and heat transports. One interesting result of the work is that zonal mixing ought to be larger than meridional mixing. Summary
8.4 La Stabilita' Abbiamo visto nell'ultima sezione che un flusso con un numero di Reynolds abbastanza grande e' turbolento. Questa e' una forma di instabilita'. Ci sono molti altri tipi di instabilita' nell'Oceano. Ora, vedremo tre dei tipi piu' importanti:
Stabilita' Statica e Frequenza di Stabilita'
Consideriamo una particella di acqua che e' spostata verticalmente ed adiabaticamente (senza scambio di calore) in un fluido stratificato (Figura 8.4). La forza di galleggiamento F che agisce sulla particella spostata e' la differenza tra il suo peso gVg ρ ' ed il peso dell'acqua intorno a lei gVg ρ2 , dove V e' il volume della particella:
L' accelerazione della particella spostata e':
ma
Usando la (8.21) e la (8.22) nella (8.20), ignorando i termini proporzionali a d z 2, otteniamo:
dove E ≡ -a / ( gdz ) e' la stabilita' della colonna d'acqua. Questo puo' essere scritto in funzione della temperatura e salinita' misurati t(z), S(z) nella colonna d'acqua (McDougall, 1987; Sverdrup, Johnson, e Fleming, 1942: 416; oppure Gill, 1982: 50):
dove
e dove α e' il coefficiente di espansione termica,β e' il coefficiente di contrazione salina, e Γe' il (.. adiabatic lapse ..) , il cambio di temperatura con la pressione di una particella di acqua che si muove senza scambiare calore con le particelle che le sono intorno. Inoltre, p e' la pressione, t e' la temperatura in Celsius, ρ e' la densita', e S e' la salinita'. Nei primi 1000m dell'Oceano la stabilita' e' grande, ed il primo termine della (8.23) e' molto piu' grande del secondo. Il primo termine e' proporzionale al gradiente verticale della densita' nella colonna d'acqua; il secondo termine e' proporzionale alla compressibilita' dell'acqua marina, che e' molto piccolo. Trascurando il secondo termine, possiamo scivere l'equazione della stabilita':
L'approssimazione usata per ottenere la (8.26) e' valida per E > 50 × 10-8/m. Sotto i primi 1000m dell'Oceano, il cambio di densita' con la profondita' e' cosi' piccolo che dobbiamo considerare i piccoli cambi di densita' delle particelle d'acqua, che si muovono verticalmente, dovuti alla pressione, e deve essere usata la (8.24). La Stabilita' e' definita in tale modo
NeI primo kilomero di Oceano, z < 1,000m, E = (50-1000)×10-8/m, e nelle fosse profonde dove z > 7,000m, E = 1×10-8/m. L'influenza della stabilita' e' generalmente espressa da una frequenza di stabilita' N:
La frequenza di stabilita' e' spesso nominata: frequenza di Brunt-Vaisala oppure come frequenza di stratificazione. La frequenza quantifica l'importanza della stabilita', ed e' una variabile fondamentale nella dinamica dei flussi stratificati. In parole povere, la frequenza puo' essere interpretata come la frequenza verticale che assume una particella di fluido sottoposta ad uno spostamento verticale. Quindi, e' la frequenza massima di una onda interna dell'Oceano. Valori tipici di N sono pochi cicli per ora (Figura 8.5).
La Stabilita' Dinamica ed il Numero di Richardson Questo e' un esempio di instabilita' dinamica in cui un fluido stabile e' reso instabile dalla velocita' di 'shear'. Un'altro esempio di instabilita' dinamica, e' l'instabilita' di Kelvin-Helmholtz, che si manifesta quando il contrasto di densita' in un flusso con 'shear' e' piu' o meno come quello alla superfice del mare, come nel termoclino alla sommita' di uno strato limite stabile dell'atmosfera (Figura 8.7).
La relativa importanza della stabilita' statica e della instabilita' dinamica e' espressa dal Numero di Richardson:
dove al numeratore troviamo lo sforzo della stabilita' statica, ed al denominatore lo sforzo della velocita' di 'shear'.
Da notare che un numero di Richardson piccolo non e' il solo criterio per la instabilita'. Il numero di Reynolds deve essere grande ed il numero di Richardson deve essere inferiore a 0.25 per la turbolenza. Questi criteri sono incontrati in alcuni flussi oceanici. La turbolenza mescola il fluido in the verticale, portando ad una viscosita' vorticosa verticale ed ad una diffusivita' vorticosa. Poiche' l'Ocean tende ad essere fortemente stratificato e le correnti tendono ad essere deboli, il mescolamento turbolento e' intermittente e raro. Le misure di densita' in funzione della profondita' molto raramente mostrano fluidi piu densi sopra fluidi meno densi come si vedono nella rottura delle onde della Figura 8.7 (Moum e Caldwell 1985). Doppia Diffusione e Dita Salate Consideriamo due strati sottili spessi pochi metri separati da una forte interfaccia (Figura 8.7). Se lo strato superiore e' caldo e salato, e se quello inferiore e' piu' freddo e meno salato di quello superiore, l'interfaccia diventa instabile anche se lo strato superiore e' meno denso di quello inferiore.
Di seguito e' spiegato cosa succede. Il calore si diffonde attraverso l'interfaccia piu' velocemente della salinita', producendo un sottile strato freddo e salato tra i due strati iniziali. Questo strato sottile e' piu' denso di quello meno salato che sta sotto, e quindi affonda. Poiche' lo strato e' sottile, il fluido affonda in cilindri di 1-5 cm di diametro e 10cm di lunghezza, non molto differenti dalle dimensioni dei nostri diti. Questo e' chiamato diti salati (salty finges). Poiche' due costituenti si diffondono nell'interfaccia, il processo e' chiamato doppia diffusione. Ci sono quattro variazioni in questo schema. Due variabili per due strati porta a quattro possibili combinazioni:
La doppia diffusione mescola le acque dell'Oceano, e non si puo' ignorare. Merryfield et alt,. (1999), usando un modello numerico della circolazione oceanica che includeva la doppia diffusione, trovarono che il mescolamento della doppia diffusione cambia la distribuzione regionale della temperatura e della salinita' sebbene ha una piccola influenza sulla circolazione a grande scala dell'Oceano. 8.5 Il Mescolamento (Mixing) nell'Oceano L'instabilita' nell'Oceano porta al mescolamento. Poiche' l'Oceano e' stabilmente stratificato, gli spostamenti verticali devono lavorare contro la forza di galleggiamento. Il mescolamento verticale rechiede piu' energia di quello orizzontale. Piu' grande e' la frequenza di stabilita': piu' grande sara' il lavoro richiesto per il mescolamento verticale. Di conseguenza, il mescolamento orizzontale lungo le superfici a densita' costante e' molto piu' grande di quello verticale attraverso le superfici a densita' costante. L'ultimo, comunque, generalmente chiamato 'diapycnal mixing', e' molto importante perche' cambia la struttura verticale dell'Oceano, e controlla in gran parte (.. the rate at which deep water eventually reaches the surface in mid and low latitudes. ..) L'equazione per il mescolamento verticale da vortici di un tracciante Θ come la salinita' o la temperatura è:
dove Kz e' la diffusivita' verticale vorticosa, W e' la velocita' verticale media, e S e' il termine della sorgente.
Mescolamento Verticale Medio
dove T e' la temperatura in funzione della profondita' del termoclino. L'equazione ha come soluzione:
dove H = Kz /W e' la (.. scale depth ..) del termoclino, e T0 e' la temperatura vicino la cima del termoclino. Le Osservazioni della forma del termoclino profondo sono molto vicine a quella di una funzione esponenziale. Munk uso' una funzione esponenziale per (.. function fit through ..) le osservazioni di T(z) per ottenere H. Munk calcolo' W dalle distribuzioni verticali osservate di 14C, un isotopo radiattivo del carbonio, per ottenere una scala temporale verticale. In Questo caso, S = -1.24 × 10-4 anni-1. Le scale del tempo e dello spazio danno W = 1.2 cm/giorno e
dove le parentesi denotano la media della diffusivita' vorticosa del termoclino. Munk uso' ancora la W per calcolare la media del flusso verticale attraverso il termoclino nel Pacifico, ed il flusso era in buon accordo con il tasso di formazione dell'acqua profonda assumendo che questa sale quasi dovunque allo stesso valore nel Pacifico. Globalmente, la sua teoria richiede una risalita di 25-30 Sv, dove uno Sverdrup e' il flusso di 106 metri cubi al secondo. Le osservazioni di Munk hanno un'altra importante conseguenza. Poiche' il termoclino esiste quasi dovunque, ci deve essere una corrente verso l'alto quasi dovunque. Torneremo su questo quando analizzeremo la teoria di Stommel per la circulazione profonda nel §13.2. La Misura del Mescolamento Verticale
Misure dirette in Oceano aperto di turbolenza e di diffusione di SF6 portano ad una diffusività vorticosa:
Per esmpio, Ledwell, Watson, e Law (1991) iniettarono 139kg di SF6 nell'Atlantico vicino a 26°N, 29°W, 1200 km ad ovest delle isole Canarie ad una profondita' di 310m. Poi misurarono la concentrazione per cinque mesi su come il mescolamento avveniva su centinaia di chilometri ed ottennere una diffusivita' 'diapycnal' vorticosa di Kz = 1.1 ± 0.2 × 10-5 m2/s. Questi ed altri esperimenti di Oceano aperto indicano che il mescolamento turbolento è guidato dalla rotture delle onde interne e dalla instabilita' dello 'shear' ai confini. Comunque, il mescolamento per turbolenza sembra essere piu' importante della doppia diffusione (Gregg 1987). La grande discrepanza tra i calcoli di Munk sulla diffusivita' media vorticosa per mescolamento verticale ed i valori osservati nell'Oceano aperto suggeriscono ulteriori esperimenti per risolvere la differenza. Due recenti esperimenti sono particolarmente interessanti perche' indicano che sopra ai monti ed alle dorsali sottomarine
Polzin et al., (1997) hanno misurato la struttura verticale della temperatura nel Bacino Brasiliano dell'Atlantico Meridionale. Hanno trovato Kz > 10-3m2/s vicino al fondo quando l'acqua fluisce sul fianco occidentale della dorsale Atlantica e sul bordo orientale del bacino. Kunze e Toole (1997) calcolo enhanced eddy diffusivity as large as K = 10-3 m2/s sopra il Fieberling Guyot nel Pacifico di Nord-ovest ed una piccola diffusivita' lungo i fianchi del monte sottomarino. I risultati di questo ed altri esperimenti mostrano che il mescolamento avviene principalmente dalla rottura delle onde interne dallo 'shear' ai bordi degli oceani: lungo le pendici continentali, sopra i monti sottomarini e sulle dorsali medio-oceaniche, nei fronti, e nello strato mescolato alla superfice marina. In gran parte, il mescolamento e' forzato dalle correnti di marea di Oceano profondo, che diventa turbolento quando il flusso passa gli ostacoli sul fondo marino, includendo i monti e le dorsali medio-oceaniche (Jayne et al, 2004). Ancora, il mescolamento osservato in Oceano aperto lontano dai bordi e' troppo piccolo per stimare il mescolamento calcolato da Munk. Un recente lavoro presentato alla Conferenza del 'World Ocean Circulation Experiment' sulla Circolazione e Clima (1998), il lavoro di Munk e Wunsch (1998) e quello di Webb e Suginohara (2001) indicano che il dilemma puo' essere risolto in piu modi:
Measured Horizontal Mixing In general, mixing depends on Reynolds number R (Tennekes 1990: p.11)
where γ is the molecular diffusivity of heat. Furthermore, horizontal eddy diffusivity is ten thousand to ten million times larger than the average vertical eddy diffusivity. L'equazione (8.35) implica Kx ≈ UL. Questa forma funzionale e' in buon accordo con l'analisi di Joseph e Sender's (1958), come riportato da (Bowden 1962), sulla dispersione dei traccianti radioattivi, della torbidita' ottica, delle acque Mediterranee nel Nord Atlantico. Essi riportano
dove L e' la distanza dalla sorgente, e U e' constante. La diffusivita' vorticosa orizzontale (8.35) è in buon accordo anche con recenti lavori sulla diffusivita' orizzontale. Il lavoro di Holloway (1986) che ha usato osservazioni dai satelliti altimetrici delle correnti geostrofiche, Freeland et al., (1975) che hanno tracciato boe alla deriva sommerse SOFAR, McWilliams (1976) e Ledwell et al., (1998) che usano osservazioni di correnti e traccianti per trovare
Usando la (8.36) e il misurato Kx, implica vortici con scale tipiche di 80 km, un valore vicino la misura dei vortici geostrofici responsabili del mescolamento. Anche Ledwell, Watson, e Law (1991) hanno misurato la diffusivita' orizzontale vorticosa. Loro trovano
su scale di pochi metri dovuto alla turbolenza nel termoclino probabilmente forzato dalla rottura delle onde interne. Questo valore, quando è usato nella (8.36) implica lunghezze tipiche di 100 m per piccoli vortici responsabili del mescolamento in questo esperimento. Commenti sul mescolamento orizzontale
8.6 Concetti Importanti
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Department of Oceanography, Texas A&M University
Robert H. Stewart, stewart@ocean.tamu.edu All contents copyright © 2005 Robert H. Stewart, All rights reserved Updated on Marzo 16, 2008 |